In queste ore sull’Europa e sul Mediterraneo soffiano pericolosi venti di guerra. La situazione drammatica che si è venuta a determinare in Libia rischia di coinvolgere tutta l’area del Mediterraneo, peraltro già teatro di molti e terribili conflitti. Siamo convinti che non potrà essere un nuovo intervento militare a riportare la pace in Libia e la stabilità nel Mediterraneo. Le recenti esperienze, in primo luogo proprio quella in Libia nel 2011, hanno dimostrato che la guerra aumenta l’instabilità e allontana le soluzioni, oltre che provocare morti e ingiustizie. Tuttavia fermare la violenza e l’orrore fondamentalista è compito non rinviabile della comunità internazionale che ha gli strumenti per farlo, se c’è la volontà politica di utilizzarli.
L’Europa e l’occidente tutto non possono sconfiggere il terrorismo e le mire espansionistiche dell’IS con un nuovo conflitto e con una soluzione repressiva. Avrebbe senso una missione di ‘peacekeeping’ sotto l’egida delle Nazioni Unite, fondata su un accordo da raggiungere e su cui vigilare. Una missione che parta dal dialogo e dalla ricomposizione della società civile, che coinvolga tutte le comunità locali libiche e che abbia tra gli obiettivi anche quello di mettere in discussione le royalties del petrolio, che deve diventare una fonte di ricchezza per tutte le comunità e non la condanna di quel paese. Si apre, insomma, anche per l’Italia, la possibilità di ridare fiato seriamente a un lavoro, seppur difficilissimo, di diplomazia internazionale. E pensiamo sia ancora possibile (continua…)